Sito web realizzato da Walter Buonfino
Questa immagine é un'idea di mio fratello Giancarlo, credo che sia il primo vero lavoro da me realizzato. Feci la foto utilizzando un ingranditore (Durst 609). Avevo 13 anni e non possedevo una buona macchina fotografica. Con i soldi guadagnati comperai la mia prima bicicletta con il cambio. Fu una conquista importante non tanto per la bicicletta, che ovviamente mi agevolava nelle mie esplorazioni. Ma soprattutto per l'occasione unica di vedere un mio lavoro pubblicato. L'immagine é la copertina del libro di Paul Lafargue IL DIRITTO ALLA PIGRIZIA pubblicato da Feltrinelli ed. 1967
Walter Buonfino
CREDIT
Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendìa si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio.. (da Cent'anni di solitudine di Gabriel García Márquez)
TOTEM
TOTEM (1970)
E stato realizzato nel 1969 da Giancarlo Buonfino, ne ha curato l'idea é la realizzazione, per l'occasione ha dovuto acquistare una cinepresa Beaulieu 16mm con caricamento a molla , da zero ha imparato ad animare i disegni per creare il cartone, l'attrezzatura per il cartone é stata prestata dallo studio ORTIFILM di Giulio Cingoli, con grande passione e genialità si é lanciato in questa difficile avventura, il film è stato realizzato nell'arco di un anno, nel 1970. Stampate alcune copie positive, veniva fatto circolare nelle assemblee studentesche e operaie, in occasioni di incontri politici e di lotta. Totem rappresenta il solo film politico che si occupa della nascita e dell'evoluzione del Capitalismo in occidente, spiegandolo con un analisi semplice e coinvolgente.
Hanno collaborato: Anna Bianchi, Eva Sturmer, Giovanni Mariotti, Liliana Buonfino, Walter Buonfino, Giulio Cingoli, Claudio Lolli, Franco Fortini, Gofredo Fofi....e tanti altri appassionati amici.
UP
!967 Manifesto creato per vendita nataliazia
1970 Rivolta in Portogallo
1973 Lotta Continua
1972 Lotta Continua
Manifesto 70x100 Saggiatore Editore
<
>
Pubblicazioni
Giancarlo Buonfino ha scritto molto e sempre su temi sociali, essendo affascinato da tutto quello che riguardava il miglioramento dell'uomo, ha usato le sue doti d'artista per trasmettere le sue idee a tutti quelli che credevano e credono ancora alla possibilità di costruire un mondo migliore, la pittura, il cinema, le strisce satiriche, manifesti politici, la grafica, ecc. E per ultimo lo studio sociale e storico, lavorando con i più importanti filosofi di quegli anni. (Sergio Bologna, Massimo Cacciari, Alberto Asor Rosa....ecc)
UP
<
>
UP
<
>
UP
Ventisette é un personaggio ironico, rappresentante il ceto medio. Dal 1967 al 1969 fu un striscia sul quotidiano IL GIORNO. Poi ne nacque un libro "L'ALIBI DI SCORTA", la prefazione e di Roberto Giammanco.
Note
Chi è "Ventisette"?
Beh, potrei dirvi anche subito quel che ne penso; ma credo che preferiate fare la sua conoscenza, seguirlo un po' su queste pagine, pen· sarei su e farvene un'opinione vostra. In fondo non è difficile, visto che il mondo di "Ventisette" non è poi cosi lontano ed astratto come potrebbe sembrare.
"Ventisette" è un timido ed un aggressivo, un sottomesso ed un ribelle, un conformista ed un anticonformista insieme, è un groviglio di azioni e di pensieri uguali e contrari che tendono ad elidersi vicendevolmente. "Ventisette" si sente talvolta importante, o conformista, o succube, ma non tanto da essere sicuro di sé stesso, o anticonvenzionale o ribelle in modo definitivo. È certo di avere una personalità, ma non tanto da saperla imporre con sicurezza. In tutto il suo comportamento egli è "non tanto": ed è proprio per questo che non è difficile prenderlo sul serio. In fondo "Ventisette" cerca un suo posto nella vita, anche se non è sicuro di trovarlo; per questo è disposto a compromessi, anche se privatamente cerca di ribellarsi. Ma non è che ottenga grandi risultati, anche se sembra convinto di ottenerli : uno solo è il risultato che Ventisette raggiunge, ed è quello di riuscir a giustificare il perché del proprio nome con un "E perché no?" e la immane vuotezza psicologica che lo possiede con una frase che insieme lo qualifica e lo squalifica: "Ho concepito il nulla".
Forse ci troveremo d'accordo, in definitiva, nell'assegnare a questo personaggio il suo vero nome, altrettanto anonimo che "Ventisette". Ma proviamo a tener conto di tanti nostri atteggiamenti, di tanti nostri pensieri o modi di essere: questo nome tocca molto da vicino tutti noi che viviamo, che combattiamo vincendo e perdendo, che siamo qualcosa o qualcuno e contemporaneamente qualcos'altro e qualcun altro, che siamo il solito gigantesco ed assurdo groviglio di azioni e pensieri
uguali e contrari che tendono ad elidersi vicendevolmente ........... .Onestamente non credete di pensarla come me?
G.B.
L'Alibi di scorta Prefazione Roberto Giammanco
La satira concreta, quella che si propone di svelare i nessi di fondo delle cose servendosi dei frammenti del linguaggio, dei pezzetti che si staccano dagli ingranaggi implacabili della macchina del sistema, delle schegge della scialba vicenda quotidiana di vittime senza rivolta, delle innumerevoli menzogne trasformate in modelli di vita e di pensiero, è piuttosto rara in Italia. La tendenza ad istituzionalizzare non è un male etico né un'insufficienza culturale ma solo il modo di essere di un dominio arcaico e paternalistico che non ha neppure la capacità di trasformare in nuovi strumenti di dominio le pungenti battute della satira addomesticabile. Il suo fine, oltre che quello di perpetuarsi nella sua totalità, è di restare sacro, intoccabile. La timidezza, l'insipida volgarità, quel tono provinciale e casalingo da avanspettacolo che caratterizzano tanta parte della a satira in Italia sono conseguenze più che della censura de!l'autocensura. La reticenza è il quadro di riferimento di tutte le azioni, il sostrato &]le stesse parole: nasce dalla paura, dall'abitudine, dalla comodità conviviale del comun denominatore umano n. Lo sviluppo dei rapporti oggettivi, una interminabile tradizione giuridico-religiosa fanno sì che sia permessa e incoraggiata solo quella satira che considera come differenze accidentali le differenze di fondo (ricchi e poveri, oppressori e oppressi, bianchi e non bianchi]. Purché si sia disposti a trovare i legami comuni ad ogni uomo, I'ecumenismo dell'esistenza, la battuta anche pesante può essere ammessa. In questo modo diventa facile isolare, per esempio, i difetti fisici, le anomalie psicologiche, i gesti, le mode, le persone. La norma resta là ferrea e immutabile, confermata dall'immagine delle distorsioni, del comportamento deviante. Quello che viene messo in ridicolo è tutto ciò che non si adegua, che tenta di diversificarsi dall'asfissia psicologica e di comportamento dell'uomo normale che quella satira prende a modello. Si dà l'impressione di attaccare tutto con inarrestabile spregiudicatezza e si finisce solo per dare la bottatina ai corrotti uomini politici, a chi è nato basso, brutto, a chi si fa crescere i capelli oltre il limite fissato dai parrucchieri. Le istituzioni, non come esistenze giuridiche ma come strutture della vita sociale e quindi punti di riferimento della psicologia collettiva, non vengono toccate. Si colpisce il loro rappresentante per confermarle, per scaricare il generico scontento su bersagli cospicui per la loro mancanza di significato. Al livello soggettivo ci si muove sempre in un mondo di fantasmi dove non ci sono altro che limiti astratti. Poiché, nell'ambito dei dominio, anche le astrazioni sono sempre riferite alle differenze reali di potere, quella .satira è al servizio della repressione e dell'autoritarismo ed è inutile dire che non ha alcuna importanza se viene da destra o da sinistra. Il problema è dunque quello di scoprire una nuova angolazione, un inventivo modo di situarsi di fronte ai dati che la dinamica della vita sociale offre continuamente. Sono nuove dimensioni, ancora troppo nuove perché possano entrare a far parte di una consapevolezza largamente diffusa. Sul piano oggettivo sono già lì, come potenzialità, detonatori che aspettano e preparano la loro dinamite. I giovani operai e studenti lo hanno capito perché sono le cose che impongono loro di capire, ma il processo è lungo. La satira ha una grande arma: la descrizione, la sottolineatura di quegli aspetti che il sistema fa sì che passino inosservati. Il contesto umano ufficiale che corrisponde all'orrore del dominio è così goffo. grottesco, bestiale da non aver bisogno di altro che di essere descritto, presentato. E' un nuovo modo di informare, un modo tutto rivoluzionario di affrontare la realtà. La critica più profonda diventa quella che porta alla superficie non solo ciò che il sistema sopprime e mette in ombra ma soprattutto ciò che presenta dal suo punto di vista, sotto la luce che ritiene utile alle necessità dell'ordine. In questi cartoons di Giancarlo Buonfino ci sono, in tutta la loro durezza, alcune delle dimensioni vere, reali, del dominio: il rapporto verbale tra padrone e salariato come razionalizzazione del potere dell'uno e della subordinazione dell'altro, la mistificazione culturale non nei confronti della a verità ma come semplice strumento mercantile di dominio, l'autorità come patologia non del singolo gestore ma come unico modo di essere del sistema. L'ironizzazione dell'ignoranza, della credulità, del servilismo delle vittime non avviene all'aristocratico livello intellettuale ma è una constatazione. Amare l'uomo com'è vuol dire solo aver paura di come L'uomo potrebbe essere. Dietro questi cartoons ci sono tante esperienze della generazione di giovani a cui appartiene Buonfino: c'è il tradimento dei loro idoli politici e letterari e la consapevolezza che non si è trattato di un tradimento ma di una logica, ingloriosa fine nelle braccia protettrici del poliziotto di turno; c'è la lucidità dell'orrore che si prepara e la voglia di vivere non la vita definita dagli altri, dai nemici della vita, ma da chi vuole cambiare l'uomo; c'è la chiara distinzione tra chi è degno di fiducia e chi no. Lo stesso spirito delle assemblee studentesche di Berlino, Parigi, Roma, Berkeley, Tokio, Belgrado, delle riunioni nelle fabbriche occupato contro la volontà delle burocrazie di seconda classe. In questi cartoons c'è un modo nuovo di porsi di fronte alle cose: è uno dei tanti sintomi che anticipano altre lotte, altre esperienze.
Roberto Giammanco
La prima versione di "Ventisette" era realizzata con dei cartoncino colorati per ogni pagina, la legatura era realizzata con clip metalliche avvitate. Il primo Ventisette, non aveva ancora una coscienza politica, viveva nei "tormenti" quotidiani senza una vera consapevolezza sociale. L'antesignano di "Fantozzi" che venne poi creato anni dopo da Paolo Villaggio.
LA POLITICA CULTURALE OPERAIA Da Marx e LassaIle alla rivoluzione di Novembre 1859/1919"
"La storia della nascita del partito operaio è, assai spesso, ancora legata alla riproposta delle prime enunciazioni ""utopistiche"" o scientifiche, alle lotte delle ideologie e agli sviluppi delle teorie. Ma come avvenne, in concreto, !a loro trasmissione tra i lavoratori dell'epoca? La nascita del partito nuovo, di massa, determina l'istituzione di strumenti di formazione, educazione e propaganda po litica."
"I primi circoli culturali socialisti, in cui Ferdinand Lassalle concretizzò il suo progetto di illuminazione della classe operaia, si svilupparono (insieme con il partito da lui fondato) fino a formare una gigantesca macchina culturale. Più di cento giornali e riviste, migliaia di associazioni culturali, molte decine di tipografie, una rete di distribuzione della stampa, costituivano la cinghia di trasmissione delle informazioni tra. partito e base operaia.
Ma questo saggio, che pure raccoglie una ricca documentazione inedita, non è una semplice catalogazione di reperti d'archeologia socialista tutti i problemi inerenti la politica culturale, il rapporto con gli intellettuali, i loro contributi in qualità di artisti o di tecnici, gli scontri tra le diverse linee interne al partito, tra ""revisionisti"" e ""spartachisti,"" anarchici e ortodossi, gli apporti di F. Engels, guida del movimento fino al 1895, sono qui rivisitati e analizzati fuori degli schemi ideologici tradizionali. L'apporto intellettuale non è solo intervento nelle ""belle arti,"" ma è anche intervento della tecnologia nei mezzi di produzione e, da parte socia lista, analisi delle conseguenze che ne derivano per il movimento operaio.
"Che posizione ebbe Marx, testimone dello sviluppo di quest'ordine di problemi? Perché le avanguardie artistiche si riconobbero nell'opposizione spartachista? In che modo il partito socialdemocratico adeguò i mezzi di informazione e di propaganda al progresso tecnico? Per rispondere a queste domande l'Autore ridiscute a fondo lo scontro tra Marx e Lassalle sul problema dell'uso dell'arte in politica, invalidando tutte le interpretazioni che la tradizione dell'estetica marxista ne aveva dato e gettando nuova luce sulla posizione di Marx nei confronti della scuola come istituzione culturale di massa. Indaga, inoltre, sul significato delle avanguardie artistiche, che cominciavano a riferirsi sempre più spesso alla classe operaia, e sullo scontro politico che ne segui nel partito operaio, dai naturalisti, agli espressionisti, ai dadaisti, agli attivisti fino al Bauhaus. Esamina infine dal teatrino dilettante operaio alle riviste litografiche a colori di satira politica con tirature di centinaia di migliaia di copie l'uso della produzione tecnica e di massa delle opere d'arte come pratica di formazione culturale e politica, le discussioni intorno alla "morte dell'arte"" e gli inviti da parte di tutto lo schieramento di sinistra, rivolto agli operai, d'accettare il Taylorismo che aveva colto di sorpresa, con un enorme ritardo, tutto il movimento operaio.
La socialdemocrazia tedesca (11.500.000 voti nel 1919} è la conclusione non si infranse sullo scoglio dei ""tradimenti"" di alcuni suoi capi, ma sull'offensiva capitalistica che essa stessa aveva indotto: la ristrutturazione dei modi di produzione e dell'assetto istituzionale (politico) dello Stato.
La Mano Schiaffona link
La storia che vi propongo di cambiare non è quella ufficiale con la S maiuscola, ma una filastrocca. La filastrocca in questione mi è stata raccontata più volte da mia moglie cui veniva narrata da sua nonna Stella per farla giocare con le dita della mano. La filastrocca, (adattata all'oblò, e quindi un po' diversa dall'originale) parla delle dita, dal mignolo al pollice, e così recita: "Il primo ha comprato i semi di zucca (la filastrocca ha origini mantovane), il secondo li ha seminati, il terzo ha coltivato le zucche, il quarto le ha raccolte e il quinto (il pollice, il dito più grosso) le ha prese tutte e se le è mangiate."
Sembra una storiella da nulla eppure è fin troppo vera, e citarla a proposito dell'acqua, in occasione della giornata mondiale dedicata a questa preziosa risorsa, può essere utile così come potrebbe essere importante ricordarla come una sintesi semplice, ma, credo, esemplificativa di come sono gestite tante altre risorse preziose dove il lavoro di tanti non viene riconosciuto o quasi e schiacciato dall'interesse di pochi. Parlando di acqua, il passo è breve, si deve ricordare la situazione delle risorse biologiche (pesci, molluschi, crostacei, alghe) che vi si trovano e che in molti casi, troppi, sono gestite male, sfruttate come molti che le pescano.
Anche qui il movente è fondamentalmente economico (dar da mangiare agli affamati….se hanno di che pagare), con una distribuzione dei guadagni che appare come una piramide invertita: pochi guadagni alla base (indice, anulare, medio, indice per rifarmi alla filastrocca) e tanti al vertice senza alcuna o poche preoccupazioni per l’ambiente e la Natura e con tutte le conseguenze che ne derivano. Ovviamente non voglio demonizzare l'economia, che condivide con l'ecologia sei lettere e qualche concetto, ma sperare, come in molti chiedono, che l’ecologia e l’economia abbiano almeno pari dignità.
E riprendendo un recente articolo sui cambiamenti climatici, gli ambiti cui potremmo agganciare la nostra filastrocca sono moltissimi: la fame, il consumo di energia, la salute, il cambiamento climatico, la sicurezza, la crescente urbanizzazione, la sostenibilità, l’innovazione e l’impatto della tecnologia. Soluzioni? Ce ne sarebbero, ma bisogna fare come succede in un piccolo libro che, guarda caso, riguarda ancora le dita della mano e che avevo avuto tra le mani (tanto per cambiare) tanti anni fa. Si tratta di "La mano schiaffona" di Giancarlo e Walter Buonfino (in internet se ne trovano tracce) in cui si racconta come le dita di una mano si impadronirono del mondo fino a quando le altre mani capirono che unendo le loro dita avrebbero potuto ribaltare la situazione e così fu. Come si sarebbe detto una volta "Dita di tutto il mondo unitevi!".
Allora gli autori la definirono una favola, ma a rileggerla oggi qualche dubbio viene....
L'Alibi di scorta Prefazione Roberto Giammanco
La satira concreta, quella che si propone di svelare i nessi di fondo delle cose servendosi dei frammenti del linguaggio, dei pezzetti che si staccano dagli ingranaggi implacabili della macchina del sistema, delle schegge della scialba vicenda quotidiana di vittime senza rivolta, delle innumerevoli menzogne trasformate in modelli di vita e di pensiero, è piuttosto rara in Italia.
La tendenza ad istituzionalizzare non è un male etico né un'insufficienza culturale ma solo il modo di essere di un dominio arcaico e paternalistico che non ha neppure la capacità di trasformare in nuovi strumenti di dominio le pungenti battute della satira addomesticabile. Il suo fine, oltre che quello di perpetuarsi nella sua totalità, è di restare sacro, intoccabile. La timidezza, l'insipida volgarità, quel tono provinciale e casalingo da avanspettacolo che caratterizzano tanta parte della a satira in Italia sono conseguenze più che della censura de!l'autocensura. La reticenza è il quadro di riferimento di tutte le azioni, il sostrato alle stesse parole: nasce dalla paura, dall'abitudine, dalla comodità conviviale del comune denominatore umano.
Dietro queste strisce ci sono tante esperienze della generazione di giovani a cui appartiene Buonfino: c'è il tradimento dei loro idoli politici e letterari e la consapevolezza che non si è trattato di un tradimento ma di una logica, ingloriosa fine nelle braccia protettrici del poliziotto di turno; c'è la lucidità dell'orrore che si prepara e la voglia di vivere non la vita definita dagli altri, dai nemici della vita, ma da chi vuole cambiare I'uomo; c'è la chiara distinzione tra chi è degno di fiducia e chi no. Lo stesso spirito delle assemblee studentesche di Berlino, Parigi, Roma, Berkeley, Tokio, Belgrado, delle riunioni nelle fabbriche occupato contro la volontà delle burocrazie di seconda classe. In questi cartoons c'è un modo nuovo di porsi di fronte alle cose: è uno dei tanti sintomi che anticipano altre lotte, altre esperienze.
Roberto Giammanco
Più info
Più info
Più info
Giancarlo ha scritto molto sulle riviste Quaderni Piacentini e Ombre Rosse. Il personaggio dell'alibi di scorta si chiama Ventisette e ha avuto vita giornalmente per alcuni anni sui quotidiano IL GIORNO e L'Unità. - Chiunque fosse interessato a queste pubblicazioni, le può trovare in vari siti Internet di Amazon o Ebay oppure presso editori.
Premi con il mouse sul riquadro per aprire la lettera e premi di nuovo per chiuderla
Lettera scritta Da Giancarlo Buonfino alla Madre che era in vacanza a Napoli
Napoli Agosto 1966
Cara mamma, credo che potrò spedirti i soldi che mi chiedi, cioè 140 mila lire, devo solo aspettare una risposta per oggi o domani, ma sarà veramente il massimo di quello che ti potrò mandare, spero che hai fatto bene i tuoi conti. Adesso è un altro il discorso che ti vorrei fare, già meno venale, vorrei dirti quello che ho provato in questi ultimi giorni dai fatti che mi sono successi, vedi se ti raccontassi i fatti forse ti sarebbe più difficile capire, ti racconterò la mia posizione e quello che ho visto.
Ho visto che, esistono due mondi diversi,due categorie di persone,due modi completamente differenti dì avvicinare la gente, tu dirai: tutto qui "io pensavo che mio figlio ha idee più originali ! No, aspetta a dire così, non è tanto semplice, io ho capito che differenza fa essere figlio tuo ed essere educato alla scuola della tua generosità e invece aver potuto nascere figlio di una donna egoista e che non conosceva l'amore e la forza di combattere per le cose in cui è necessario credere. Essere Giancarlo Buonfino o essere Massimiliano V fa una grande differenza!! essere Walter Buonfino ed essere Pinuccio L. fa una grande differenza! essere Jole ed essere Èva fa una grande differenza!! Credo di avere imparato da te molto più di quanto non credi. La tua maniera di stare con le due zitellone (Maria e non mi ricordo come si chiama l'altra), la tua maniera di stare con la Keri, la tua maniera di stare con noi, e una continua lezione di coraggio, hai continuato a insegnare alla gente ad amare, ad avere fiducia, a non essere meschini, tutta la tua, vita è stata e sarà questa lezione di coraggio. Come' è la stessa cosa per zio Renato. Anche lui circondato sempre dalla merda ha difeso tutta la vita questa dimensione più alta della vita. Caspita come spero di imitarvi!! Che fortunato ad essere nato figlio tuo! che fortuna per zio Renato avere avuto per tutta la vita qualcosa da difendere. che fortuna per te vedere che hai fatto di me un uomo forte (così spero) io non so se mi puoi capire, per te è così naturale essere come sei che forse non puoi capire questo mio sfogo. Per capirmi prova a pensare alla signora Bazzi, pensaci bene, chi era la persona più forte tra voi due? invidiavi la sua maniera di comportarsi con i suoi figli? perché la gente ti ha sempre cercato? Capisci che questa è una cosa che sta per scomparire dal mondo? Tutti hanno sempre visto (tutti quelli che ti hanno cercato..) in te questa maniera di affrontare la vita in una forma nobile e in te un coraggio che loro avevano perduto, una nobiltà d'animo che non c'è in giro, nella vita normale di tutte i giorni. Quello che ti rende una persona magnifica è che ti permette di avere ancora tanto da insegnare a me, a Paolo, a Liliana, a Walter, a Jole, ad Anna (specialmente) è questo tuo coraggio, questa tua fede e la tua capacità di comprendere supera la mia cultura libresca, la tua capacità di dare per gli altri non l'ho trovato in nessun libro, solo in qualcuno c'era dietro una persona che scriveva che era come te, ma poteva riconosce questo qualcuno solo perché tu mi hai fatto vivere nella realtà dell'affetto che mi hai dato, mamma, non farti mai più venire quei pensieri depressivi di qualche tempo fa, fai leggere questa lettera a Walter, Anna, Jole, a zio Renato, perché anche lui è come te. Ho conosciuto centinaia e forse migliaia di persone, persone come noi ce ne sono fra quelle che ho incontrato, forse solo una decina, e se ci penso bene, ancora meno di dieci. Le vostre sofferenze, i vostri dispiaceri, le vostre delusioni li voglio fare miei e lottare per portare a tutti la vostra lezione, per dare il mio contributo a cambiare il mondo. Questa mia non è la scoperta di oggi, il mio legame di sempre con la famiglia ti può spiegare molto bene come io ho sempre "sentito" questo. Adesso oltre che sentire capisco! e cara mamma non credere che con questo ti veda come una specie di Madonna, no, no! che orrore ! con questa lettera voglio dire che tu e zio Renato e poche altre persone che ho conosciuto siete i soli veri esseri umani che ho incontrato, tra voi e gli altri c'è la capacità di dare il coraggio di dare, io adesso mi servirò di strumenti come la cultura e il pensiero per vendicare tutti i torti che avete, no ,non vendicare, fare in modo che la gente come voi guidi il mondo ecco cosa cercherò di fare. Non so se mi hai capito, non so se sono stato capace di spiegarti, non ti accorgi come siamo diversi da tutti gli altri? NOTIZIA IMPORTANTISSIMA: mi telefona Èva che prende la liquidazione e che ti possiamo spedire i soldi! felice? lei ha trovato un posto migliore dove comincerà a lavorare a settembre. Così possiamo fare delle ferie più lunghe: partiamo il 14 agosto e torniamo il 14 settembre! andiamo a Mahon dove sono già stato, approfitto ancora del cambio-merci con Vacanze, un mese gratis (con il mio lavoro) per tutti e due (siamo molto felici). Domani o lunedì ti spedisco il vaglia.
Un grande, grande abbraccio da tuo figlio
un abbraccio a zio Renato, fagli leggere questa lettera e capirà. Giancarlo
Lettera Di Giancarlo a suo fratello Walter di 18 anni (1971)
Caro Walter, secondo me stai commettendo dei gravi torti alle persone che ti stanno intorno. Quando tu dici che hai spesso di frequentarmi, secondo te questo dovrebbe costringermi ad una autocritica.
Al contrario, questa tua affermazione mi porta ad aumentare il mio senso critico nei tuoi confronti. Tu sai benissimo che il rimprovero maggiore che ti faccio è quello di una completa mancanza di studio da parte tua. In questo tuo disinteresse per Hegel, Marx, Engels, Einstein, Galileo, Thomas Mann, Kafka, Dostoievski, Shakespeare, che conosci solo di nome e soltanto di i o 2 di essi hai sfogliato le pagine qualche volta abbandonando le domande che ti suscitavano, in queste tua superficialità si nascondono il tuo egocentrismo e la tua presunzione.
Mi sembra che a questi discorsi tu una più volta mi abbia risposto che io alla tua età. ...ecc. se vogliamo fare paragoni, allora facciamoli fino in fondo. Oppure se non li facciamo non li facciamo del tutto. A parte il fatto che io non ho mai posseduto fino a ventiquattro anni nulla che superasse il valore di metà del mio stipendio, e a parte il fatto che io avevo studiato già filosofia greca alla tua età e la studiai così bene che ancora oggi tutto quello che so di quei grandi è basato su quello studio. Io non avevo la presunzione di pensare che "i tempi sono cambiati" questo è pensare da coglioni! Finché c'è il dominio dell'uomo sull'uomo, finché c'è l'omicidio si è ancora nella barbarie, il cambiamento è solo di stadi e di forme di quegli stadi tutte interne alla barbarie. Allora all'uomo è dato o di soccombere, se si trova dalla parte dei sottomessi, o di lottare con i suoi mezzi umani. cioè con l'azione-cosciente, poiché la semplice azione è anche della bestia.
Io dal mio punto ho preso tutte le idee (quando dico idee, intendo idee non conformismo) che il mio ambiente allora mi offriva, non ne scartai nessuna. Ognuna di quelle le applicai, le rifiuta: e le feci mie. Non aspettavo l'imboccata, cercavo, chiedevo, ma zio Mario .
o gli amici liceali non avevano molte risposte. Allora studiai a fondo il mio lavoro, che era l'unica cosa che mi si presentava davanti come necessaria, non ho mai messo da parte il cervello. Oggi mi incazzo quando mi dicono, sei uscito dalla merda perché hai il cervello. Idioti! E' vero proprio il contrario: ho il cervello solo perché, nei casi favorevoli, è l'unico mezzo per uscire dalla merda. Una massa incredibile di uomini, mi sono accorto: dopo, mille volte più profondi di me, con una intuizione più grande, aveva scritto, e non per esser ricordati e per gloria, ma per aver capito che il problema si rimandava ad un'altra generazione, non risolto ma snellito e semplificato grazie alla loro vita. Uomini che avevano capito che il cervello si forma solo se decidi di usarlo, come i muscoli, e avevano capito che per usarlo bisogna conoscere. E conoscere significa «Togliere le indicazioni che si presentano come le più valide, già elaborate da altri, per arricchirle, metterle in discussione nella pratica e poi come in una staffetta passarle alla nuova generazione. Lo stesso Marx dice di dover la base ad Hegel. Inoltre capita che ragazzetti presuntuosi, per sentirsi autodidatti di vita rifiutano persino di imparare che bisogna imparare, solo perché è un altro a dirglielo. E bada che ti sto parlando di piaceri non di doveri. Perché l'unico piacere che conta e che resiste e che é dell'uomo, è quello di controllare la natura con il lavoro umano, cioè lavoro cosciente (perciò ben diverso da quello dell'ape o del ragno).
Fuori da questo, fuori dal progresso del pensiero e della sua realizzazione c'è la vita animale e vegetale o peggio ancora l'uomo-bestia che
è ben altra cosa della bestia pura e semplice, quest'ultima non prova gusto nella sua depravazione, l'uomo-bestia può farlo. Ogni generazione che ha rifiutato la storia che l'ha preceduta l'ha fatto in due modi, il primo dopo una critica, ed in proporzione a come questa critica è stata costruita sul materiale preesistente, e in proporzione a come è stata fatta coscienziosamente si è avuto un superamento ( gli illuministi per il superamento dell'aritocrazia e del clero, il cristianesimo per il superamento della schiavitù, il marxismo per il superamento del lavoro salariato e del capitalismo, ecc. ) ma quando la nuova generazione fa della critica un semplice rifiuto generico, come negli anni venti e trenta con il fascismo, il nazismo e lo stalinismo, allora la "barbarie si riafferma trionfante, tutte le negazioni di essa possono essere soppresse.
Queste linee sono sempre presenti contemporaneamente, o vince una o vince l'altra, dipende dagli uomini. Un punto di arrivo definitivo non esiste. L'uomo non potrà mai vivere come in un gioco, dovrà sempre provvedere al suo sostentamento e al sostentamento dei giovani (fino a 6 anni) e dei vecchi (dopo i 55 anni) e degli incapaci. Potrà lavorare tanto meno quanto più avrà sviluppato la sua scienza e il suo dominio di essa. E per possedere tutta la scienza, ogni individuo, dovrà sviluppare al massimo grado tutte le sue facoltà conoscitive.
Non puoi chiedermi di essere comprensivo di fronte a cose che so come negative, a meno che tu non mi possa dimostrare che l'età di 18 anni è veramente quella di un bambino capriccioso. Io ricordo che, nella mia mediocrità, rivendicavo già a sedici anni d'essere "uomo" e che a diciotto volevo sposarmi promettendo alla futura moglie d'essere in grado di . mantenerla con uno stipendio di 250.000 lire, entro i ventun anni, il mio esser "bambino" consisteva nella promessa di sposarla, il mio essere adulto consisteva nel realizzare il mio avanzamento nel mio lavoro (i soldi sono il termometro delle tue capacità quando fai un lavoro come il mio) e infatti così fu. Studiai moltissimo, Brera, libri d'arte, gallerie, pochi libri di cultura generale ma molti libri sul mio lavoro. Chiedevo dovunque se vi fossero libri buoni, Ariella mi consigliò Moupassant, non mi poteva interessare, Tonti mi consigliò Pirandello, figuriamoci, lessi anche tutto Pascal, dal momento che il mio repressore più diretto mi diceva che valeva, vi trovai solo puzza di chiesa. I comunisti a quei tempi erano "soldati di baffone" davvero coglioni per la verità, e in più chi lo era lo teneva accuratamente nascosto. Trovai a Brera un comunista e sapevo che era cosa molto radicale esserlo, costui era amico di un democristiano, gli chiesi in occasione di una loro conversazione come era possibile parlare insieme partendo da presupposti così diversi (lo intuivo appena) sai che mi rispose?: si tratta sempre di politica, meglio che parlare con un analfabeta! Io invece con te ci ho parlato! Tu invece, al contrario di me che chiedevo aiuto dovunque e sempre, vuoi "farti da solo", neghi vantaggi e svantaggi ricevuti diminuendo i primi e ingigantendo gli altri, rifiuti di studiare qualsiasi cosa a fondo anche se sai benissimo che devi farlo. Io a dodici anni avevo già capito che l'unica cosa che puoi fare "da solo" è la masturbazione, e appena ho potuto (molto tardi) l'ho abbandonata. Ma non ho mai pensato di poter estendere questo "principio masturbatorio " a tutta la mia vita. Eppure il 99% dei giovani della mia età non mancava di farlo (balere, discoteche,furti, ma specialmente motociclette, il film"il selvaggio" è a del 1953 e quando io avevo, quindi, tredici anni quello era il simbolo imperante da emulare, ma la stronzaggine era troppo evidente di fronte ai problemi che vivevo con voi e il mondo che chiedevate ben altro). E adesso dici che ti rinfaccio, caro Walter, anche se avessi saputo che questo era il risultato farei (e infatti farò) esattamente la stessissima cosa!
Se tutti i figli della nuova generazione dovessero rifiutare come fai tu l'esperienza passata, basterebbero dieci anni per tornare alla clava, soltanto facendo proprio il contrario si va avanti, naturalmente per questo avanti è necessario un contributo critico della nuova generazione e questo contributo critico può essere anche talmente poderoso da negare e superare la generazione precedente, ma il punto di partenza sempre la profonda conoscenza del precedente. Non si può superare nulla senza conoscere, non si può conoscere nulla senza uno studio umile di tutti gli uomini passati, che individualmente erano validi o non validi e lo provarono con le loro azioni. E tu cosa stai provando e che cosa ti riprometti di provare con le tue azioni? Perché chiedi che ti si "comprenda" quando vuoi fare un "capriccio"? Da questo si vede che per te il mondo finisce fuori dalla porta di casa o ancora prima. Ogni tua azione coinvolge gli altri. La società più giusta è quella nella quale il "privato" viene ridotto al minimo e tutto diventa interesse di tutti. Tu difendi una concezione reazionaria e borghese quando credi di aver è "diritto" a sprecare le tue facoltà, quattrini utili all'affitto di una casa per voi e la mamma malata, ecc. dietro ad un pezzo di ferro modellato da morti di fame che mai l'avranno, e che l'hanno costruito sotto la sferza del ricatto della fame e della disoccupazione. Sorvoli su troppe cose. Io invece sono pronto a rispondere delle mie spese, del mio lavoro e non mi offendo se mi si chiede il conto. Invece che borghese per farti capire meglio, giudico il tuo comportamento delirante e egocentrico.
Ti avevo scritto un'altra lettera, che non ti ho spedito, proprio nel periodo in cui "volevi farti un'esperienza" nella quale ti dicevo che non avevi diritto a quell'esperienza. Tu devi rispondere di quel che ti è stato consegnato. Se lo getti via, (e con lo spreco che hai compiuto, hai gettato via, chi ti ha dato giustamente si incazza. Io ti ho dato indicazioni giuste per la tua vita. E queste indicazioni non vengono tanto da me; quanto dall'esperienza accumulata da centinaia d'anni fatta da altri uomini migliori mille volte di me, ti indicavo la strada, di farne una verifica, tu stesso. Tu te ne sei venuto con quella merdata della moto, e che cazzo! Io non sono un servizio automatico, ho diritto d'esser incazzato e deluso, specialmente quando vedo che fingi di sapere e di conoscere cose di cui non te ne frega un cazzo! (altrimenti avresti già un'altro modo di pensare e di agire). La tua superficialità è tanto più evidente quando ti metti a lamentarti, incolpando tutti gli altri, ma davvero credi che i tuoi ragionamenti stanno in piedi?
L'unica cosa che è credibile è che stai male, ma il significato che tu dai al tuo male rimane appena alle apparenze dei problemi che realmente ti si pongono. La tua ignoranza, per esempio semplicemente non la ammetti, chissà perché per te quello è un problema marginale. E già qui con questa ignoranza dichiari che non puoi rispondere di quello che dici né puoi dimostrarlo. Poi implicitamente questa ignoranza certifica che cadi in tutti gli errori (aggravati) delle fasi preistoriche cioè forme dualistiche di pensiero, colpa degli dei, aggressività individualista, assoluta incapacità di separazione tra causa e d effetto (la felicità sperata e il destino contrario degli Dei, come nel medioevo o anche prima) e ti assicuro che con lo studio finiresti con l'accorgerti della rudimentalità della maggior parte dei tuoi ragionamenti. Oggi che soffri questa tua grossolanità mentale, non puoi riderne, spero però che presto tu sia in grado di farlo. Io dal momento che ti sono amico nel modo più alto che conosco, neanche ne posso ridere, infatti vedi che sono molto ma molto incazzato.
Tante parole non dovrebbero servire, è già tutti sotto i tuoi occhi, se vuoi aprirli.
ciao, Tuo Giancarlo
Lettera di Giancarlo Buonfino a Walter Buonfino (1971)
Caro Walter,
Credo, e ho sempre pensato, che la maggior parte di guai succedono per il fatto che la gente crede, in forma individualistica, che i propri problemi, recenti o passati, siano esclusivamente propri.
Quando ho scoperto che non era così (sai con un tiranno comune, in famiglia vivevamo un problema in comune, inutile dire che il tiranno era papà) e vedevo la mamma oppressa, Liliana oppressa, voi idem...bé ho fatto una lotta socialdemocratica e nei limiti dell'antifascismo. Cioè pensavo che il male fondamentale, cioè il fascismo di papà , andasse sostituito da metodi più democratici, che però non intaccassero il ruolo di quello di mamma e papà (a- cui ho fatto di tutto per sostituirmi).
Il ruolo autoritario di papa con la sua violenza, in effetti mi ha fatto prendere un granchio, ho scambiato le forme con i contenuti. Cioè la forma sua era la violenza e l'ordine ad ogni costo, i contenuto la prevalenza del suo ruolo
rispetto agli altri. Io non sono stato violento e mi sono anche preoccupato di rimuovere i concetti d'ordine. . .ma ...in definitiva la preminenza del mio ruolo in famiglia l'ho provocata e difesa io! Ti chiederai a questo punto (suppongo) perché diavolo ti dico queste cose e in più per lettera. Per mettere in comune la mia esperienza, non perché sia importante in se, ma perché tu. ne fai parte ed è infatti della parte che ti riguarda che ti voglio parlare. Per giunta voglio scrivere affinché il peso di un luogo comune, il rapporto tra te e me, ormai stratificato dalla abitudine, peso accumulato in anni e anni di cose... sia bilanciato da qualcosa di più solido che un discorsetto che la mia stessa presenza fisica pregiudica.
Riprendo il filo: quando tu avevi quattro o cinque anni e scorrazzavi per i campetti mollando pugni negli occhi a chi ti rompeva le palle io già facevo conto di dimostrare al mondo intero attraverso il ruolo di fratello-paterno su di te ( o contro di te, se preferisci) per sentirmi giusto, nobile, e forgiatore di vite. C'era però qualcosa che non andava nel mio piano ( che era basato più sul mio bisogno che sul tuo) cioè che tu non mi chiedevi nulla, o forse mi chiedevi qualcosa, ma sicuramente nulla di tutto quello che io andavo "tramando alle tue spalle".
A questo punto sarai insospettito, quando Giancarlo fa i mea culpa, c'è sotto qualcosa, non ti preoccupare non finirò dicendo: "quindi anche tu..." (vedi come esiste un blocco di luoghi comuni, non certo nati per caso, che si frappongono).
La mia intenzione era di mettere in opera subito le cose che avevo imparato: ordine con guanto di velluta, esemplarità di comportamento da parte del capo.
E voi giù a odiarmi. Per fortuna voi, e tu in particolare, mi avete fatto vedere le pirlate che andavo facendo. Quando ti picchiai per la tua balla sulla ' bocciatura, rimasi in crisi, la mia buona coscienza di socialdemocratico fu messa in crisi dai fatti. Quell'avvenimento contribuì insieme agli altri che mi stavano succedendo nello stesso periodo, a farmi prendere una nuova strada, la realtà, cioè in quel caso tu, mi facevano vedere che le mie illusioni idealistiche erano ipocrite e Donchissiottèsche.
Sono stato sempre presuntuoso, e come tutti i presuntuosi pensavo che i miei dolori provati, le mie vergogne, fossero solo mie pensavo anche che insieme alle mie colpe particolari, tutte mie, avessi anche speciali qualità: un intuito sopraffino e una sublime sensibilità per gli altrui problemi.
Per fortuna ho preso un sacco di legnate. Come mi fecero bene! Ma una cosa non avevo ancora visto: quanto fosse importante generalizzare agli altri questa mia crisi. E invece no, come al solito l'individualismo presuntuoso ebbe la meglio: finii con il 'considerare anche quella mia crisi come una mia sublime particolarità, Incominciai a leggere pensando che tutte le cose sottili e raffinate che capivo, ormai dopo che la realtà mi aveva preso a calci in culo dovevo armarmi, tutte le esperienze che vivevo pensavo fossero solo mie, solo io capivo e intuivo a fondo, sai parlo di tempi recenti.
Il punto fondamentale di tutti i miei errori è stato quello di mettermi in prima persona a decidere il corso delle cose. Non stavo a sentire cosa volevi, come avrei dovuto fare, no, io con raffinata perizia ti creavo, convincendotene, delle esigenze tipo: il lavoro professionale, essere in gamba, avere facili rapporti con il prossimo, le donne. Naturalmente instillandoti questi valori con mille forme diverse di persuasione. Tu per paura, tutti i più piccoli hanno paura, dovevi armarti. Io ti davo quei valori come armi. Quei valori erano i miei. Nati dai miei casini personali, quale diritto avevo di suggerirli ad altri? Diritti non ne avevo. Avevo solo un gran piacere di estendere ad altri i miei decaloghi dell'ultima ora. Tu avevi bisogno di armarti per soddisfare le tue personali aspirazioni, io, fottendomene che tu fossi tu od un altro, ti propinavo i miei "Totem". Con quale fine? Era la tua personalità che mi premeva o la mia? soltanto molto recentemente, in seguito alle tue coperte e scoperte ribellioni, sto imparando a rispettare la tua personalità. Prima non ci pensavo mai, ancora una volta sei tu che hai insegnato a me qualcosa di fondamentale, a me è rimasto il merito di aver registrato questo tuo insegnamento.
L'altro ieri ti ho fatto leggere una lettera sulla quale dicevo che una guida deve per prima cosa insegnare ai guidati la ribellione contro lui stesso, perché di guide, purtroppo, ce né bisogno. Hai reagito male, sia alla lettera, sia ai miei disegni "professionali", sia alla mia militanza in L.C. (Quella gente di merda"), infatti avevi ragione. La lettera la contraddico con i fatti... non ti ho insegnato (brutta parola) la cosa più importante: ribellarsi!
tienila questa lettera, e qui mi collego alla frase di apertura, che non ci si ricorda mai del passato, del proprio passati individuale, di quando si era mezze seghe, e tutti giù a rincoglionirti con cosa devi fare e come devi farlo.
Se ti capita di conoscere un ragazzino (domani potrebbe essere un figlio) cerca di spiare dentro di lui e di capire cosa LUI vuole. E specialmente insegnali a ribellarsi quando quello che vuole viene tenuto in second1ordine. Se quello che vuole è sbagliato i fatti glielo diranno e allora avrà realmente capito l'errore, ma se quello che vuole è giusto, aiutalo: allora ti sarà amico.
Comprati la HONDA, starnazza in casa, cambia mestiere, ti giuro che ho imparato, la cosa più importante nell'amicizia è questa: insegnare alla gente che: ribellarsi è giusto!
Era difficile non so se sono riuscito. Giancarlo
Lettera di Giancarlo Buonfino a Walter Buonfino (1972)
Questa lettera lo scritta il giorno che tu mi rimandasti la mia (26/6/72)
Caro Walter, ho ricevuto la mia lettera. Hai fatto bene a farmela avere, poiché dopo due anni, è necessario aggiornarla rispetto ad allora per due motivi principali: rati 1°) nel frattempo ti sei comperato una moto bella e potente, quindi il problema della moto dovrebbe considerarsi da te sufficientemente sperimentato ?! non hai più sedici anni ma diciotto, ritenuti in molti paesi del mondo un'età sufficiente a fare la propria scelta politica con il voto. A questo vorrei aggiungere che e soltanto di tre mesi la mia scoperta che una moto grossa può superare i" costo di 200.000 lire e non mezzomilione da me ai tempi di quella lettera ritenuto il limite massimo di prezzo raggiungibile da una Honda o da un Ciao-Ciao.
Quanto al resto del discorso, sulla ribellione, in quel momento particolare esso aveva un senso colto preciso: tu ti trovavi in completo errore nel partecipare ad attività politiche varie senza avere tu stesso maturato la necessità. Occorreva rompere il tuo conformismo, (del quale in parte mi incolpavo io stesso) in qualunque nodo. Questa urgenza la puoi vedere dal * fatto che non perdo neanche una parola nello spiegarti il possibile e facile carattere fascista che può avere una ribellione individuale. La ribellione comuniste., inutile dirlo, è ribellione di massa, di una classe sfruttata che si ribella ai suoi sfruttatori. Del resto se vai a vedere in forma "politica" la mia lettera, vi trovi una autocritica radicale al mio passato individualismo. Vedo che non hai colto il significato vero di quella lettera, sono felice che, quando ti ho insegnato a darti i pugni in faccia (avevi 2 anni) non te lo abbia messo per iscritto, altrimenti ora mi mostreresti questa autorizzazione per fare la stessa cosa di quando eri un "bambino. Dico che non devi aver capito la mia lettera, dal momento che tu mostri di non aver capito che è necessario mettersi in discussione, come appunto io, radicalmente facevo, in quella occasione. Walter, se tu non hai ben capite vuoi dire che questa tua maturazione per una visione critica di esperienza già da te vissute, che la tua abitudine a vivere sulla fiducia e sul credito, non sono cambiate, il tuo conformismo continua, che debbo fare, specialmente state attento a non lasciare in giro documenti che tra cinque o dieci anni potresti mostrare come se nulla fosse avvenuto, ciao. Giancarlo
(aggiunta a mano sul retro)
Io nello spiegarti i limiti dell'aiuto che ho voluto dare a te e alla famiglia, volevo non distruggere quello che ho fatto, che ancora oggi per la fame che avreste potuto fare vedevo positivo. Volevo non negare ma porre dei limiti a quella mia funzione "Comprarti la Honda, vuole dire prova le stronzate fasciste alle quali ti condiziona il sistema.
Tu hai avuto la moto. Adesso non ti dico "compra lo yacht!", c'è un limite.
Tu sei un uomo non più un bambino, fai come credi tu hai la responsabilità di quello che fai. E poiché ti considero un uomo, non uso una tattica come quella della mia vecchia lettera, e ti dico: sta a te. Non posso che manifestare la mia delusione di vedere frainteso e sporcamente strumentalizzato d'essere sceso a "compromessi" (tattici) con le mie idee per spiegare a un ragazzo che tu oggi NON SEI PIU